giovedì 30 agosto 2018

Se davvero gli uomini furono
a inventare dei per tutto,
i figurini e i figuroni
abitanti degli schermi,
abitanti della carta,
abitanti dei negozi
che per distrarci cerchiamo,
sono come i nuovi dei
se così a chiamarli proviamo


Sarah. T

martedì 28 agosto 2018

Banditi e marionette (Katherine Paterson)

Non vi biasimo se non avete mai conosciuto questo libro, ma prima o poi qualcuno lo dovrà pur riportare agli occhi degli altri. Avete presente Un ponte per Terabithia, libro di cui nel 2007 è stato fatto un film? Ecco, Banditi e marionette è stato scritto dalla stessa autrice, ed è ambientato in Giappone circa tra il sec XVII e XVIII, dove regnano i latifondisti e i ceti medi faticano sempre di più a trovare i soldi per mangiare. 
Jiro è il figlio di un fabbricante di marionette, nato proprio nell'anno in cui i suoi fratelli sono morti di peste, per il grande dispiacere di sua madre che da superstiziosa sembra incolpare lui. Soffrendo per la fame e sentendosi di peso per i suoi genitori, appena riceve la proposta di entrare a far parte di un teatro di marionette come apprendista da uno dei clienti di suo padre, il proprietario di un buon teatro, accetta al volo, sapendo che in quel posto c'è cibo assicurato per tutti e sperando di portarne via per i suoi genitori. 
Viene subito accettato dai suoi nuovi compagni, uno dei quali è il figlio scapestrato del proprietario, Kinshi, bravo a mettersi nei guai, e sembra anche cavarsela bene nel suo nuovo mestiere; ma quando viene a sapere che suo padre è scomparso dalla circolazione e che il teatro è coinvolto negli affari di brigantaggio di un leggendario bandito, detto Saburo, le cose si complicano.
Gli artigiani e i piccoli agricoltori, vessati dal latifondismo sono sempre più a corto di denaro e cibo,  finendo con organizzare una violenta sommossa in tutta la loro città, mettendo in pericolo sia Jiro, che i suoi amici del teatro di marionette. Jiro rimane scoivolto di scoprire che in questa sommossa si è unita nientemeno che sua madre Isako, ormai più simile ad un animale feroce perchè morta di fame. L'unica cosa che gli viene in mente di fare è cercare di scoprire l'identità del misterioso bandito, sospettando che esso si nasconda proprio nel teatro, nella speranza di ricevere il suo aiuto.
Il bambino protagonista è molto combattuto dal senso di debito che sente verso i suoi datori di lavoro e la sua volonta di scoprire dove si trovi Saburo. Isako, è esattamente l'archetipo della donna disperata abbandonata da suo marito e rimasta senza gran parte dei suoi figli, che per di più non riesce a trovare soldi per mangiare. Sembra odiare l'ultimo fglio rimastole, ma in realtà ha una terribile paura di perdere anche lui perchè è la sola cosa più bella che ancora possiede. 
Kinshi, il figlio del proprietario del teatro simboleggia il figlio disobbediente con la grande propensione per aiutare il prossimo, infatti quando Jiro inizia la ricerca di Saburo, questo farà del suo meglio per coprire le sue mosse, oltre ad aiutarlo a portare in sporadiche occasioni del cibo a Isako. Per questo Jiro ha molta paura per lui, che rischia costantemente di cacciarsi nei guai. 
In questo libro spicca il contrasto tra la volontà di fare del bene e il pensare a se stessi: Jiro è felice di essere stato assunto in quel teatro per avere sempre del cibo a disposizione, ma dall'altro si sente in colpa nell'osservare le strade dove la gente lotta per la sopravvivenza, e impreca contro di lui per aver trovato l'agiatezza. Oltretutto nelle rare volte che mette piede fuori è molto combattuto pure tra la paura di essere ucciso da qualcuno per un semplice furto, e la volontà di far arrivare del cibo a Isako, e ammira Kinshi perchè lui sembra non avere paura di nulla. Tuttavia le grandi paure di Jiro non gli impediscono di fare quello che lui ritiene giusto anche se stupido e pericoloso, e infatti i suoi sforzi verranno ricompensati, anche se in modo un pò inaspettato.
 

martedì 14 agosto 2018

La Dolce Vita (di Federico Fellini)


La Dolce Vita è un film del 1960 diretto da Federico Fellini nella sua maturità che denuncia la vita dei ricchi vista sotto gli occhi dei poveri, rappresentati da Marcello, giornalista protagonista della storia composta da otto episodi in cui si è in bilico tra il bene e il mele.
Per esempio uno degli episodi più conosciuti è quello dell’arrivo di una famosa attrice americana di nome Silvia dove ci si trova nella volgarità del mondo del cinema e dopo nella poesia della Roma notturna dove avviene il celebre episodio del bagno nella fontana di Trevi.
Marcello è attratto dalla fisicità di Silvia ma allo stesso tempo prova pietà per lei travolta dai giornalisti e dai gossip, quando vorrebbe vivere con più intensità, naturalezza e libertà.
Un simbolo importante è la figura di Steiner, amico di Marcello che rappresenta l’avido intellettualismo in fuga dal mondo perché incompreso da esso fino alla fuga suicida (infatti alla fine Steiner si suiciderà).
Poi l’incontro e il congedo dal padre rappresentano la rottura con l’equilibrio del passato per poi costruirne uno nuovo ottenuto con la maturità, solo che Marcello in questo film non ha niente per costruirsi questo nuovo equilibrio.
Il padre di Marcello rappresenta anche il passato distrutto dal Boom economico.
Il film si conclude con un finale tutt’altro che positivo:
Marcello si degrada dopo aver subito la delusione dal suicidio di Steiner, unico suo modello da imitare, lanciandosi in una volgarissima orgia, dopo la quale assiste con i suoi amici alla pescata di un mostro marino.
Questi due eventi insieme rappresentano l’estrema degradazione portata dalla modernità.
Inoltre Marcello non capisce il richiamo di Paolina, ragazzina conosciuta in una trattoria e paragonata ad un angioletto di pittura umbra, che rappresenta l’innocenza e il richiamo della grazia divina.
Il fatto che Marcello non la senta più significa che la grazia divina ormai non può più raggiungerlo.
Marcello nel corso del film scappa dall’amore materno di Emma, la sua fidanzata, per cercare quello carnale di Maddalena.
Ma secondo me qualcosa di positivo c’è in questo film, perché Marcello lascia Maddalena e torna a stare con Emma, anche se dopo un brutto litigio; infatti si vedono i due che sono a letto insieme dopo aver fatto pace prima che lui riceva la telefonata che lo informerà del suicidio di Steiner.
Steiner inoltre viveva in un appartamento, dove passava le serate con i suoi amici colti a fare discussioni intellettuali; Marcello lo definiva un “bellissimo rifugio”.
Forse Federico Fellini deve aver preso da Pasolini, perché ho sentito dire che anche lui si rinchiudeva nel suo appartamento con la sua cerchia di uomini di cultura.
Comunque questo film ha segnato la rottura della diga della censura cattolica che ormai non era più giustificata dal sentire comune, secondo gli studiosi, da allora qualsiasi restrizione aggressiva sul cinema è stata chiamata “rogo” (come nel caso di Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci)
Ma La Dolce Vita, ottenne il nullaosta perché Fellini aveva già la “patente di artista”, cioè era già un artista affermato.
Allora quando io l’ho saputo ho pensato “Se il regista fosse stato qualcun altro non avrebbero lasciato passare quel film e la diga della censura non sarebbe mai stata sfondata”.
Tutto è capitato soltanto perché Fellini aveva già un terreno di successi precedenti.
Vi consiglio caldamente di vedere questo film.
Tutto quello che vi ho detto l’ho appreso all’università durante il corso di Storia e critica del cinema, per il quale ho guardato anche il film.

giovedì 2 agosto 2018

I Viaggi di Gulliver

Questa volta ho scelto di tornare un pò indietro, fino al 700, con "I viaggi di Gulliver". E dire che da bambina me l'avevano fatto passare per una favoletta sulle dimensioni, tralasciando tutto fuornchè Lilliput e i suoi piccoli abitanti.
Invece era una storia molto più lunga, il protagonista viaggiatore di luoghi ne aveva visti molti altri in seguito: dopo lilliput visitò una terra dove tutto, anzichè piccolo, era molto più grande, tanto che lui riusciva a stare nel palmo della mano delle persone; poi su un'isola volante che regna su una terra in cui tutti inventano svariate assurdità; e infine su un'isola abitata da cavalli estremamente sapienti e logici, in lotta con ominidi, esseri umani nella loro forma più brutale e degradata.
Più che un romanzo d'aventura a me suona come una lunga riflessione sulla natura umana, presentata nelle sue varie sfaccettature, ma in forma esagerata, ognuna per ciascuno degli strani popoli incontrati da Gulliver.
I lillpuziani si fanno la guerra tra di loro, e con i loro vicini, per tutte le possibili sciocchezze - come da quale parte bucare un uovo per berlo.
Nella terra dei giganti gli abitanti mostrano una profonda contrarietà alla violenza, alle guerre e agli inganni politici, eppure mantengono costantemente un esercito pronto, quasi ci fosse un'inevitabile ipocrisia.
A Laputa, l'isola volante, tutti hanno un atteggiamento pigro e svagato, se lavorano è solo per l'astronomia e per una matematica da esasperati. I popoli della terraferma su cui regna Laputa  sono così ossessionati dall'astratto da inventarsi delle assurdità prive di fondamenti logici e di prove scientifiche, nella speranza di migliorare il mondo come per magia.
Gli ominidi nell'isola dei cavalli, i cosiddetti yahoo, non producono nulla, solo distruggono e lottano tra di loro per la supremazia finchè restano vivi. Invece i cavalli, gli Ihoyms, sono devoti alla pace e all'accordo seguendo una irgidissima etica della ragione, senza nemmeno avere paura della morte, senza mai mentire.
Si può dire che Jonathan Swift abbia inventato una storia molto lunga per dare una sintesi in quattro massime della natura umana:

- Siamo corrotti
- Cambia poco se ci sforziamo di essere buoni
- Siamo indolenti, pigri e illusi
- Sappiamo solo distruggere.

Gulliver conclude la sua vita nel disprezzo più nero verso l'uomo, compreso sè stesso, ma un amore profondo per i cavalli, come a dire per gli animali.
Forse  Swift ipotizzava che una animale, se dotato di ragione, potesse essere meno velenoso e volubile di natura rispetto all'uomo, e forse produrre una società migliore.
Altra considerazione significativa, sia il mito del Buon Selvaggio che quello della società utopistica sono pesantemente stroncati. Il Buon Selvaggio non esiste, il vero selvaggio è un essere violento distruttivo e disgustoso, vedasi gli yahoo.
E tutte le società, le dette Laputa, Il mondo dei giganti, e Lilliput, nascondono le insidie date dalla violenza rimasta nascosta nell'essere umano seppur evoluto.
 In Conclusione, Swift non può essere nè un illuminista nè un conservatore, ma solo un disincantato che ha perso tutte le speranze per il bene nel mondo.  Si potrebbe dire che Gulliver sia un suo alter ego, che dopo una vita molto lunga, dopo aver interagito con tutti i personaggi possibili ha appreso la nuda e cruda verità.
 

La mia musica segreta (Jane Hawking)

La mia musica segreta è un romanzo di genere storico-drammatico scritto da Jane Wilde Hawking, ambientato in Inghilterra fra il secondo do...