giovedì 2 agosto 2018

I Viaggi di Gulliver

Questa volta ho scelto di tornare un pò indietro, fino al 700, con "I viaggi di Gulliver". E dire che da bambina me l'avevano fatto passare per una favoletta sulle dimensioni, tralasciando tutto fuornchè Lilliput e i suoi piccoli abitanti.
Invece era una storia molto più lunga, il protagonista viaggiatore di luoghi ne aveva visti molti altri in seguito: dopo lilliput visitò una terra dove tutto, anzichè piccolo, era molto più grande, tanto che lui riusciva a stare nel palmo della mano delle persone; poi su un'isola volante che regna su una terra in cui tutti inventano svariate assurdità; e infine su un'isola abitata da cavalli estremamente sapienti e logici, in lotta con ominidi, esseri umani nella loro forma più brutale e degradata.
Più che un romanzo d'aventura a me suona come una lunga riflessione sulla natura umana, presentata nelle sue varie sfaccettature, ma in forma esagerata, ognuna per ciascuno degli strani popoli incontrati da Gulliver.
I lillpuziani si fanno la guerra tra di loro, e con i loro vicini, per tutte le possibili sciocchezze - come da quale parte bucare un uovo per berlo.
Nella terra dei giganti gli abitanti mostrano una profonda contrarietà alla violenza, alle guerre e agli inganni politici, eppure mantengono costantemente un esercito pronto, quasi ci fosse un'inevitabile ipocrisia.
A Laputa, l'isola volante, tutti hanno un atteggiamento pigro e svagato, se lavorano è solo per l'astronomia e per una matematica da esasperati. I popoli della terraferma su cui regna Laputa  sono così ossessionati dall'astratto da inventarsi delle assurdità prive di fondamenti logici e di prove scientifiche, nella speranza di migliorare il mondo come per magia.
Gli ominidi nell'isola dei cavalli, i cosiddetti yahoo, non producono nulla, solo distruggono e lottano tra di loro per la supremazia finchè restano vivi. Invece i cavalli, gli Ihoyms, sono devoti alla pace e all'accordo seguendo una irgidissima etica della ragione, senza nemmeno avere paura della morte, senza mai mentire.
Si può dire che Jonathan Swift abbia inventato una storia molto lunga per dare una sintesi in quattro massime della natura umana:

- Siamo corrotti
- Cambia poco se ci sforziamo di essere buoni
- Siamo indolenti, pigri e illusi
- Sappiamo solo distruggere.

Gulliver conclude la sua vita nel disprezzo più nero verso l'uomo, compreso sè stesso, ma un amore profondo per i cavalli, come a dire per gli animali.
Forse  Swift ipotizzava che una animale, se dotato di ragione, potesse essere meno velenoso e volubile di natura rispetto all'uomo, e forse produrre una società migliore.
Altra considerazione significativa, sia il mito del Buon Selvaggio che quello della società utopistica sono pesantemente stroncati. Il Buon Selvaggio non esiste, il vero selvaggio è un essere violento distruttivo e disgustoso, vedasi gli yahoo.
E tutte le società, le dette Laputa, Il mondo dei giganti, e Lilliput, nascondono le insidie date dalla violenza rimasta nascosta nell'essere umano seppur evoluto.
 In Conclusione, Swift non può essere nè un illuminista nè un conservatore, ma solo un disincantato che ha perso tutte le speranze per il bene nel mondo.  Si potrebbe dire che Gulliver sia un suo alter ego, che dopo una vita molto lunga, dopo aver interagito con tutti i personaggi possibili ha appreso la nuda e cruda verità.
 

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