Damiana è un romanzo drammatico scritto da Vincenzo Muscarella ambientato in Sicilia e incentrato sul tema della violenza sulle donne. Non a caso donna è la protagonista stessa, il cui nome fa da titolo all'opera.
Damiana è moglie, madre e sorella, costretta a essere testimone di tutta una serie di violenze, fisiche morali e psicologiche, ad opera di suo marito e da tutto l'ambiente mafioso in cui questo si è invischiato pur di fare soldi.
Non a caso, proprio all'inizio della storia viene subito esposta la crescita e il modo di agire di una certa famiglia mafiosa, che va dai primi del Novecento agli anni Cinquanta-Sessanta, tempo presente in cui è ambientata la storia. E il punto culminante di tale famiglia mafiosa è costituito da Lillino Viras, figlio nullafacente del boss, senza scrupoli e disposto a tutto pur di ottenere quello che vuole.
Lui e l'ambiente mafioso rappresentano, come chiaramente affermato dall'autore, la quintessenza della Violenza. Con ciò, per inciso, non si intende un semplice fatto di violenza fisica, bensì si tratta di una violenza molto più sottile e molto più dannosa: la mafia non si contenta semplicemente di dominare sulle persone, essa vuole anche la loro dignità.
Infatti Pinuzzu, marito di Damiana e padre di tre figlie, il giorno in cui decide entrare nell'ambiente mafioso per tenersi il proprio lavoro, si incontra con Lillino Viras proprio nella piazza del loro paesino, umiliandosi davanti a tutti come può fare solo uno che vuole vendere non solo i suoi servigi, ma anche il rispetto che ha per se stesso.
La piazza è il simbolo di tutto ciò, perché mostra chiaramente la mancanza di reazione, o l'omertà, da parte di tutti gli abitanti del piccolo paese, troppo impauriti dai Viras e dal loro potere; la piazza costituisce il luogo in cui la mafia coglie sempre e puntualmente l'occasione per esibirsi e intimidire chiunque.
Gli eventi di "Damiana" si svolgono, come accennato prima, negli anni Sessanta, epoca in cui i siciliani parlano principalmente il dialetto. Nessuno parlava la lingua, nazionale, a meno che non andasse alle scuole superiori. E per questo motivo in dialetto sono scritti gli stessi dialoghi.
Secondo quanto affermato dall'autore e dal Professor Roberto Sottile, curatore della Prefazione, l'uso del dialetto nel libro svolge la funzione di riprodurre il punto di vista percettivo dei siciliani di quell'epoca. Più precisamente, come afferma il professor Sottile, si tratta della messa in causa dei "Realia": l'autore che assume il punto di vista dei suoi stessi personaggi.
Infatti, quando le storie sono ambientate un un contesto strettamente radicato in una certa cultura - in questo caso quella siciliana - assumere il punto di vista degli esponenti di tale cultura è pressoché obbligatorio.
Prof. Roberto Sottile: Se noi stiamo parlando del "Cannolo", un dolce che hanno soltanto in Sicilia, è chiaro che non possiamo chiamarlo che "Cannolo".
Il dialetto siciliano fa riferimento allo zoccolo duro della cultura siciliana, così come i cannoli.
Inoltre secondo una coppia di studiosi, Dino e Emanuele Butidda, l'uso di un linguaggio dialettale nella narrativa, le conferisce un grande valore antropologico ed etnografico.
I due studiosi, infatti, hanno dato un'interpretazione tutta loro sulla differenza tra Antropologia e Letteratura, secondo cui la prima, l'Antropologia, cercando gli uomini perde il luogo, mentre la Letteratura descrivendo i luoghi trova l'uomo. Per questo motivo molti altri studiosi si domandano se la letteratura possa valere come testimonianza antropologica.
Nel caso del romanzo Damiana, la storia, seppur inventata, è di forte evocazione antropologica, perché è ambientata in una cultura ben definita e in un momento storico ben preciso che vede il passaggio da una civiltà contadina alla modernità.
è stata scelta quest'epoca, proprio in cui le donne, le vittime più comuni della violenza, cominciano a emanciparsi attraverso la cultura e l'istruzione.
Il simbolo di questo importante fenomeno è incarnato nel personaggio di Angiolina, seconda figlia di Damiana, nonché la sua preferita.
Costei, proprio nel bel mezzo del suo percorso di emancipazione, rappresentato dall'entrata al liceo classico, viene rapita da Lillino Viras, nel senso più brutto del termine. Sarà colpita, violentata, e infine rimandata a casa come uno straccio ormai consumato e da buttare via. Violenza ancora più grande sarà quella psicologica, subita da Angiolina ad opera del padre Pinuzzu che, invece di denunciare il crimine compiuto da Lillino alle autorità, colpevolizzerà la figlia accusandola di andare a combinare guai, e facendo poi finta che non sia accaduto niente.
Infatti, davanti alle proteste della moglie, le imporrà, come da sempre era consueto, di non nominare mai Lillino Viras.
Al ché Damiana, furiosa come non mai col marito, gli dirà:
Damiana: Pinù, ma chi patri si'? di Lillinu Viras ti preoccupi, nun ci pensi a to figghia?
Pinuzzu capisce esattamente quello che Lillino a fatto a sua figlia, ma per la tipica omertà verso la mafia non dice nulla a nessuno.
La povera Angiolina, d'altra parte, è diventata la vittima ideale, proprio perché è una ragazza desiderosa di emanciparsi, e pertanto il chiaro simbolo della mancata sottomissione alla mafia.
Tutta la sua volontà e il suo spirito di indipendenza si manifestano nel suo passo spedito e nel suo sguardo fiero ogni volta che esce di casa, e Lillino Viras, osservandola se ne accorge subito.
Fu in uno di questi attraversamenti che Lillino notò per la prima volta Angiolina. Assieme alle sue fattezze ancora acerbe, che sollecitarono la sua mai sazia voglia di prede tenere e fresche, fu l'atteggiamento altero e quasi sprezzante che colpì la sua immaginazione e la sua vanagloria di masculu.
Proprio per questo motivo la ragazzina deve essere sua, Lillino Viras non sopporta che nessuno, tanto meno una femmina, rifiuti di sottomettersi a lui o decida di condurre una vita senza servire la mafia.
La violenza a opera di Lillino contro Angiolina, secondo l'architetto e studioso Emily gentile, è un altro simbolo della quintessenza della violenza, nella società ma specialmente nei rapporti di coppia.
Arch. Emily Gentile: La violenza nasce dal distorto approccio nella relazione, impostata più come rapporto di potere che di complementarietà, dove il dominio è l'elemento fondamentale. Scatta la violenza quando viene meno la possibilità di dominare.
Tutt'al più la volontà di Lillino Viras di possedere Angiolina diventerà più forte proprio quando la toccherà e questa tenterà come meglio potrà di reagire e sottrarsi.
La reazione del maschio fu rabbiosa e violenta, ormai il suo orgoglio mortificato dall'indomita resistenza aveva preso il posto dell'originario capriccio
Una volta consumato il rito ai danni di Angiolina e vista la totale indifferenza di Pinuzzu, il giovane e coraggioso Nirìa - fratello minore di Damiana, decisamente molto più piccolo di lei, e già famoso per la sua volontà di lottare contro le ingiustizie a opera della mafia nell'edilizia - si farà sfidante indiscusso contro la crudeltà sia di Lillino Vira che di tutta la mafia.
E il luogo in cui ciò avverrà sarà nuovamente la piazza del paesino. Questa volta, invece che simbolo dell'omertà, sarà il simbolo della reazione, di chi per la prima volta ha il coraggio di dire di "no", di chi è pronto a lottare per salvare la dignità che la gente vende alla mafia o che le viene sottratta con la forza.
E Nirìa, fiero della sua decisione, pesterà Lillino in nome di sua nipote, davanti a tutti, come a dire che la mafia non gli fa paura, che la odia e non se ne vergogna.
La piazza, da luogo in cui si vende la dignità, diventa il luogo in cui la si riprende.
Purtroppo però la mafia reagirà, e nemmeno la fuga di Nirìa riuscirà a evitare una terribile tragedia di morte e di violenza ancora più grande, impregnata come non mai dal sadismo di Lillino Viras.
Devastata e furiosa da tutte le sventure subite nella sua famiglia per colpa della mafia e dell'omertà di tutti, Damiana farà quindi una scelta drastica e vendicativa, che renderà il finale del libro "bastardo", così definito dallo stesso autore.
Il motivo di ciò e che l'inaspettato finale non farà condividere al lettore la decisione presa da Damiana, bensì gli farà solo chiedere se sia stata giusta o sbagliata.
Quello che il lettore avrà davanti sarà una donna di bassa estrazione sociale, ferita sia come moglie, che come madre e come sorella, con la vita familiare distrutta, e per giunta macchiata di un crimine, di cui però nessuno saprà mai. Ma stranamente, tale donna è ancora piena di speranza, soprattutto per le sue tre figlie, che sono ormai tutto quello che le resta.
Questo infatti sarà quello che dirà ad Angiolina, che nonostante il trauma, proseguirà la sua vita da liceale e la sua ricerca di indipendenza.
Damiana: Nienti, nienti. Anciulina mia, sta tranquilla. Ricordati: qualsiasi cosa succieri, ia sugnu sempri to matri e mi trovi sempri ccà.
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